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giovedì 26 aprile 2018

Cantico di Frate Sole, di Francesco d'Assisi.


Cantico_delle_Creature.djvu

www.vitomancuso.it/2014/04/29/san-francesco-e-il-cantico-delle-creature/



NANDO GAZZOLO - CANTICO DELLE CREATURE (di Francesco d’Assisi)


Il Cantico delle Creature (Canticum o Laudes Creaturarum), 
anche noto come Cantico di Frate Soleè un cantico di Francesco d'Assisi composto intorno al 1226. È il testo poetico più antico della letteratura italiana di cui si conosca l'autore (ma non il testo più antico in assoluto, che è l'anonimo Quando eu stava in le tu' cathene, una canzone d'amore databile tra il 1180 e il 1220).[1] Secondo una tradizione, la sua stesura risalirebbe a due anni prima della sua morte, avvenuta nel 1226. È comunque più probabile che, come riportano le biografie di Francesco, la composizione sia stata scritta in tre momenti diversi.
Il Cantico è una lode a Dio che si snoda con intensità e vigore attraverso le sue opere, divenendo così anche un inno alla vita; è una preghiera permeata da una visione positiva della natura, poiché nel creato è riflessa l'immagine del Creatore: da ciò deriva il senso di fratellanza fra l'uomo e tutto il creato, che molto si distanzia dal contemptus mundi, dal distacco e disprezzo per il mondo terreno, segnato dal peccato e dalla sofferenza, tipico di altre tendenze religiose medioevali (come quella instaurata da Jacopone da Todi). La creazione diventa così un grandioso mezzo di lode al Creatore.
Di seguito si riporta il testo del componimento poetico:
« Altissimu, onnipotente, bon Signore, tue so' le laude, la gloria e 'honore et onne benedictione.
Ad te solo, Altissimo, se konfàno et nullu homo ène dignu te mentovare.
Laudato sie, mi' Signore, cum tucte le tue creature, spetialmente messor lo frate sole, lo qual è iorno, et allumini noi per lui. Et ellu è bellu e radiante cum grande splendore,de te, Altissimo, porta significatione.
Laudato si', mi' Signore, per sora luna e le stelle, in celu l'ài formate clarite et pretiose et belle.
Laudato si', mi' Signore, per frate vento et per aere et nubilo et sereno et onne tempo, per lo quale a le tue creature dài sustentamento.
Laudato si', mi' Signore, per sor'aqua, la quale è multo utile et humile et pretiosa et casta.
Laudato si', mi' Signore, per frate focu, per lo quale ennallumini la nocte, et ello è bello et iocundo et robustoso et forte.
Laudato si', mi' Signore, per sora nostra matre terra, la quale ne sustenta et governa, et produce diversi fructi con coloriti flori et herba.
Laudato si', mi' Signore, per quelli ke perdonano per lo tuo amore, et sostengo infirmitate et tribulatione.
Beati quelli che 'l sosterrano in pace, ca da te, Altissimo, sirano incoronati.
Laudato si' mi' Signore per sora nostra morte corporale, da la quale nullu homo vivente pò scappare: guai a quelli che morrano ne le peccata mortali;
beati quelli che trovarà ne le tue santissime voluntati, ka la morte secunda no 'l farrà male.
Laudate et benedicete mi' Signore' et ringratiate et serviateli cum grande humilitate »

« Altissimo, Onnipotente Buon Signore, tue sono le lodi, la gloria, l'onore e ogni benedizione.
A te solo, Altissimo, si addicono e nessun uomo è degno di menzionarti.
Lodato sii, mio Signore, insieme a tutte le creature, specialmente il fratello sole, il quale è la luce del giorno, e tu tramite lui ci illumini. E lui è bello e raggiante con un grande splendore: simboleggia Altissimo la tua importanza.
Lodato sii o mio Signore, per sorella luna e le stelle: in cielo le hai formate, chiare preziose e belle.
Lodato sii, mio Signore, per fratello vento, e per l'aria e per il cielo; quello nuvoloso e quello sereno, ogni tempo tramite il quale alle creature dai sostentamento.
Lodato sii mio Signore, per sorella acqua, la quale è molto utile e umile, preziosa e pura.
Lodato sii mio Signore, per fratello fuoco, attraverso il quale illumini la notte. È bello, giocondo, robusto e forte.
Lodato sii mio Signore, per nostra sorella madre terra, la quale ci dà nutrimento e ci mantiene: produce diversi frutti variopinti, con fiori ed erba.
Lodato sii mio Signore, per quelli che perdonano in nome del tuo amore, e sopportano malattie e sofferenze.
Beati quelli che sopporteranno ciò serenamente, perchè saranno premiati.
Lodato sii mio Signore per la nostra morte corporale, dalla quale nessun essere umano può scappare, guai a quelli che moriranno mentre sono in situazione di peccato mortale.
Beati quelli che la troveranno mentre stanno rispettando le tue volontà. La seconda morte, non farà loro alcun male.
Lodate e benedite il mio Signore, ringraziatelo e servitelo con grande umiltà. »



Cantico delle Creature - Angelo Branduardi (con testo)



Così San Francesco compose il Cantico delle Creature
del 15 maggio 2017La più bella composizione poetica di tutto il mondo e di ogni tempo. La sua è una bellezza assoluta, cosmica, totale
«Altissimu, onnipotente, bon Signore, Tue so’ le laude, la gloria, l’honore et onne benedictione, ad Te solo, Altissimo, se konfàno et nullu hono ène dignu Te mentovare».
È la più bella composizione poetica di tutto il mondo e di ogni tempo. La sua è una bellezza assoluta, cosmica, totale, che penetra tutto il creato e arriva quasi a lambire l’ineffabilità di Dio. Nemmeno il Salomone del Cantico dei Cantici che pure per tanti versi gli somiglia e al quale senza dubbio Francesco si è ispirato, nemmeno il Dante della Preghiera di san Bernardo a Maria («Vergine Madre, Figlia del Tuo Figlio») sono arrivati tanto in alto e così in profondo.
Era il 1224, e Francesco giaceva ammalato su un lettuccio del suo San Damiano, la chiesetta diroccata dove una ventina di anni prima aveva ricevuto dal Cristo crocifisso il messaggio che aveva cambiato la sua vita e dove erano adesso insediate Chiara e le sue sorelle. I grandi interpreti del Povero d’Assisi hanno scritto molto su di lui, sugli ultimi anni della sua giornata terrena, sul suo rapporto con Chiara e le altre, e di quegli stessi pochi, ispirati, altissimi versi. Sappiamo tutto quello che si può sapere.
Ma lasciamo da parte tutta quella scienza. Sforziamoci d’immaginarlo, quel povero piccolo omiciattolo smagritodopo una notte di dolore e di pena, tra i rumori dei topi sotto il pavimento che non lo hanno lasciato dormire, quando il sole nascente dell’alba ferisce i suoi occhi malati – è il tracoma preso cinque anni prima in Egitto, alla crociata – e glieli fa lacrimare. Sforziamoci di veder il mondo – le povere suppellettili di quella stanzetta, la luce incerta eppur abbagliante – attraverso quegli occhi ormai in grado di distinguere forse appena poco più che delle ombre.
scrive, o meglio detta perché di scrivere non ha la forza. Non sappiamo a chi. Scrive di getto parole che gli salgono direttamente dal cuore: amiamo credere che da allora sin a quando sul punto di lasciare questa terra detterà la quartina finale su sorella Morte dalla quale nullo homo vivente po’ skappare egli non abbia cambiato nulla di quel perfetto canto d’amore.
Si sono versati fiumi d’inchiostro e scritte biblioteche intere su quei pochi versi. Nella loro luminosa chiarezza, essi appaiono ineffabili come Colui in onore del Quale sono stati scritti. Nessuno può gloriarsi di averli sul serio decifrati sino in fondo. Lo Spirito soffia dove vuole: e quella mattina ha soffiato su quel povero frate e sui suoi occhi arrossati che hanno finalmente visto il Mistero dell’universo. Quelle parole parlano di Dio, della Sua Gloria, della Sua infinita Maestà (Onnipotente), della Sua carità infinita (Bon Signore), della Sua incommensurabile distanza rispetto agli uomini eppure della forza con la quale egli sa arrivare a loro, e soprattutto a quelli tra loro che sanno perdonare per amor Suo, attraversando tutto il creato, cioè l’universo: Messer lo Frate Sole, immagine nobilissima (significatione) di Dio, e la luna, e le stelle, e quindi i quattro elementi di cui la materia del mondo è costituita – il fuoco, l’aria, l’acqua, la terra con i suoi fiori e i suoi frutti. Quella poesia, che molti hanno giudicato ingenua – e in fondo con ragione – abbraccia il mistero del creato e della natura con una forza e una chiarezza che, dopo i pochi versetti del Genesi, nessun filosofo e nessun poeta era mai riuscito a eguagliare.
Il Cantico è un irreprensibile, cristallino trattato teologico. A torto lo si è interpretato come un testo "panteista". Non c’è proprio nulla, qui, di panteistico: il cosmo e la natura si guardano bene dal fondersi e dal dissolversi in Dio; e Dio dal fondersi e dal dissolversi con loro. Il Cantico delle creature è appunto tale perché è scritto in lode del Creatore, e anche in loro lode, e in lode dell’uomo che tra le creature è la somma, la più amata, quella fatta «a Sua immagine e somiglianza», ma che pur sempre resta creatura, sorella pertanto di tutte le altre.
C’era stata, nella filosofia cristiana del secolo XII, una grande tentazione panteistica: era quella neoplatonica, dei Maestri della scuola di Chartres. Ma a quella tentazione Francesco, che dei Maestri presumibilmente non aveva mai letto almeno direttamente neppure una riga – il che non toglie che ne avesse sentito parlare –, neppure un attimo soggiace. Dio resta il Creatore, amorosamente vicino ma infinitamente superiore a qualunque creatura. In cambio, c’era un altro pericolo a minacciare la Chiesa del tempo: e Francesco, che nel secondo decennio del secolo aveva attraversato la Francia meridionale sconvolta dalla "crociata degli albigesi", doveva averlo ben presente.
Del resto, nella sua Assisi, aveva probabilmente sentito anche lui predicare quegli strani profeti pallidi e smagriti, che annunziavano il Regno di Dio con le parole dell’evangelista Giovanni a attaccavano la Chiesa ricca, avida e superba. Più tardi, qualcuno di loro aveva probabilmente attaccato anche lui dandogli dell’ipocrita e del falso cristiano.
Erano gli adepti della "Chiesa" catara, una vera e propria anti-chiesa che si presentava sotto le vesti della portatrice dell’autentico cristianesimo, quello "delle origini", quello povero e puro, ma che in realtà ai loro seguaci spiegavano che la Chiesa li ingannava perché era la Bibbia ad averli ingannati, che il vero Dio, il Signore della Luce, era il puro Principio Spirituale, e che le sostanze spirituali che da lui emanavano rischiavano di continuo di venire imprigionate nella materia creata da un altro Principio oscuro e malvagio, il Signore delle Tenebre. Luce contro Oscurità, Giorno contro Notte, calore del Bene contro freddo raggelante del Male. Ma se le cose stavano così, se questo era il cosmo, allora il creatore di tutte le cose era lui, il Principio malvagio, il crudele Demiurgo.
Il Creatore adorato da tutti i figli di Abramo era Satana; il creato, cioè la materia, era il Male assoluto; e quanto all’uomo, spirito eletto imprigionato in una laida gabbia di carne, solo la morte avrebbe potuto liberarlo. Il paradossale era che da alcuni decenni questa agghiacciante filosofia mortifera aveva affascinato la parte forse migliore della cristianità: i gran signori e i bei cavalieri di quella Provenza, nella quale il vivere era tanto dolce e dove i trovatori cantavano d’amore non meno dei prosperi mercanti lombardi e toscani, si erano lasciati avvincere da questa fede della Liberazione attraverso la Negazione della Vita.
La Chiesa, la superba e potente Chiesa di papa Innocenzo III, aveva risposto a questo attacco inaudito con una furiosa crociata e con i tribunali dell’Inquisizione. Ma quel che né l’una né gli altri sarebbero mai forse riusciti a fare per sradicare quella malapianta travestita da fiore di virtù (corruptio optimi pessima) seppero farlo i pochi, miracolosi versi della più grande poesia mai scritta al mondo. Tutto, in fondo, sta dunque nella semplicità di quella preposizione semplice che ha tormentato filologi, linguistici e storici: quel per che torna iterante in ogni versetto del Cantico. Che cosa significa? È un complemento di causa, come la spiegazione più ovvia suggerirebbe (che Tu sia lodato, o Signore, per aver creato...)?
O un complemento d’agente, simile al par francese e al por castigliano (che Tu sia lodato, o Creatore, da parte della corte di tutte le creature che adoranti Ti circondano)? O un complemento strumentale, simile al dià greco (che Tu sia lodato, o Signore, non solo direttamente dall’uomo, bensì anche attraverso ogni cosa da Te creata, e che conferma la Tua potenza e il Tuo amore)? Fermiamoci qua, perché gli studiosi hanno aggiunto molte altre cose.
L’esegesi di questi brevi versi non finirà mai, proprio come il mistero della creazione e quello di Dio. Papa Francesco ha voluto dedicare a quella lode infinita a Dio creatore e al creato la sua nuova enciclica Laudato si’, che viene pubblicata oggi, per ricordarci che l’uomo – proprio secondo la lettera e lo spirito del Genesi – non è il padrone dell’universo (Uno solo è il Padrone) ma che ne è il guardiano, il Custode; e che alla fine dei tempi, come ciascuno di noi dovrà riconsegnare a Dio la sua anima concessagli immacolata e da lui più volte sporcata e strappata, ricucita e ripulita, l’umanità dovrà riconsegnarGli il creato.
Che è stato concesso all’uomo per goderlo in tutta la sua bellezza e nella varietà infinita delle sue luci, dei suoi profumi e dei suoi sapori; ma che non gli è stato dato come un osceno balocco da violare e da prostituire, come un’immonda merce da vendere e comprare, e su cui speculare. Il creato che appartiene a tutti gli esseri umani, e soprattutto agli Ultimi della Terra.

IL CANTICO DELLE CREATURE

Altissimu, onnipotente, bon Signore,Tue so' le laude, la gloria e l'honore et onne benedictione.Ad Te solo, Altissimo, se konfane,et nullu homo ène dignu Te mentovare.Laudato sie, mi' Signore, cum tucte le Tue creature,spetialmente messor lo frate Sole,lo quale è iorno et allumini noi per lui.Et ellu è bellu e radiante cum grande splendore:de Te, Altissimo, porta significatione.Laudato si', mi' Signore, per sora Luna e le stelle:in celu l'ài formate clarite et pretiose et belle.Laudato si', mi' Signore, per frate Ventoet per aere et nubilo et sereno et onne tempo,per lo quale a le Tue creature dài sustentamento.Laudato si', mi' Signore, per sor'Acqua,la quale è multo utile et humile et pretiosa et casta.Laudato si', mi' Signore, per frate Focu,per lo quale ennallumini la nocte:ed ello è bello et iocundo et robustoso et forte.Laudato si', mi' Signore, per sora nostra matre Terra,la quale ne sustenta et governa,et produce diversi fructi con coloriti fiori et herba.Laudato si', mi' Signore, per quelli ke perdonano per lo Tuo amoreet sostengo infirmitate et tribulatione.Beati quelli ke 'l sosterrano in pace,ka da Te, Altissimo, sirano incoronati.Laudato si', mi' Signore, per sora nostra Morte corporale,da la quale nullu homo vivente po' skappare:guai a quelli ke morrano ne le peccata mortali;beati quelli ke trovarà ne le Tue sanctissime voluntati,ka la morte secunda no 'l farrà male.Laudate e benedicete mi' Signore et rengratiatee serviateli cum grande humilitate.

Franco Cardini


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Francesco d’Assisi Cantico di Frate Sole pdf

mercoledì 25 aprile 2018

Io e lei- Confessioni della Sclerosi Multipla

la-biografia-di-fiamma-satta/
di  Fiamma Satta 

Fiamma Satta è nata il 26/08/1958 a Roma, dove vive e lavora. Ha due figli. E’ giornalista professionista. Nel 1993 le è stata diagnosticata la Sclerosi Multipla. Si è laureata alla Sapienza di Roma in Storia Moderna. Ha pubblicato la sua tesi (Predicatori agli ebrei a Roma nel XVII secolo) e per diversi anni ha svolto ricerca storica per il Dizionario Biografico degli Italianidell’Istituto della Enciclopedia Italiana Treccani.Voce storica di Radio 2, ha firmato, condotto e interpretato numerosi programmi radiofonici a partire da La strana casa della formica morta (1985). Nel 1987 ha configurato con Fabio Visca  la coppia artistica Fabio & Fiamma sviluppata in varie produzioni , fino alle fortunate edizioni della posta del cuore in diretta: dal 1995 nella forma di una sit-com umoristica quotidiana in oltre 1800 puntate  del popolarissimo Fabio e Fiamma e la trave nell’occhio e dal 2005 al 1°gennaio 2010 in un dialogo quotidiano con gli ascoltatori sui temi dell’amore non filtrato da elementi di fiction. Nel 2009  è stata autrice/conduttrice di L’una storta su Radio2.Dal 2005 al 2016 ha firmato la rubrica Fuoco & Fiamma” su Vanity Fair e ha curato  lo spazio video “Ritorno di Fiamma” sul sito della rivista, con interviste e poesie lette da attori.Sotto la direzione di Carlo Verdelli, nel 2006 ha iniziato a collaborare a La Gazzetta dello Sport firmando, dal 2009, rubrica e blog Diversamente aff-abile, diario di un’invalida leggermente arrabbiata” sui temi dell’inciviltà, impegno per il quale  nel 2014 le è stata conferita dal Presidente della Repubblica Italiana Giorgio Napolitano l’onorificenza di “Commendatore al Merito della Repubblica Italiana” .Co-sceneggiatrice del film di Carlo Verdone Ma che colpa abbiamo noi(2003), ha pubblicato con Visca per Rai-Eri Fabio e Fiamma e la trave nell’occhio (1997) e Il secondo libro di Fabio e Fiamma (2000). Ha scritto Rose d’amore (Newton Compton, 2007), DIARIO diversamente affabile (Add editore 2012) e nel 2017 Io e lei- Confessioni della Sclerosi Multipla (Mondadori 2017), un romanzo nel quale, per la prima volta in letteratura, la voce narrante della storia d’amore è la malattia.
http://diversamenteaff-abile.gazzetta.it/2010/01/31/la-biografia-di-fiamma-satta/?refresh_ce-cp
🌻🍀🌻🍀🌻
La coppia artistica Fabio & Fiamma sviluppata in varie produzioni , fino alle fortunate edizioni della posta del cuore in diretta

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Recensione di Io e lei – 

Confessioni della Sclerosi Multipla di Fiamma Satta

La voce narrante di questa storia è la Sclerosi Multipla: è suo il lungo monologo che attraversa e disegna le pagine di Io e lei. La “lei” è la Miagentileospite, la donna obbligata a una lunga e irreversibile convivenza con l’Io narrante. Ma la “lei” è soprattutto Fiamma Satta, autrice e protagonista di un libro unico.
>>> www.leggereacolori.com/



Fiamma Satta a Geo su Io e lei Confessioni della Sclerosi Multipla 21 04 2017

Intervista di Sveva Sagramola a Fiamma Satta a GEO (Rai3) il 21 aprile 2017, sul suo romanzo d'amore
 "Io e lei- Confessioni della Sclerosi Multipla" (MONDADORI)



Fiamma Satta – Foto Gianmarco Chieregato

Fiamma Satta: guardo diritto nel buio


“Accettare la mia sclerosi multipla mi ha fatto diventare forte” dice la giornalista, che alla sua “sgradevole accompagnatrice” ha dedicato l'ultimo romanzo: “Io e lei”



🌻🍀🌻🍀🌻
La coppia artistica Fabio & Fiamma sviluppata in varie produzioni , fino alle fortunate edizioni della posta del cuore in diretta: dal 1995 nella forma di una sit-com umoristica quotidiana in oltre 1800 puntate  del popolarissimo Fabio e Fiamma e la trave nell’occhio e dal 2005 al 1°gennaio 2010 in un dialogo quotidiano con gli ascoltatori sui temi dell’amore non filtrato da elementi di fiction. Nel 2009  è stata autrice/conduttrice di L’una storta su Radio2.



sabato 21 aprile 2018

Ratzinger

Ratzinger: il pensiero e il papato



Esce in questi giorni un libro che analizza a 360 gradi Ratzinger, il suo pensiero, il suo pontificato.
Tra gli intervistati, da Francesco Boezi, 3 collaboratori di Libertà e Persona.
Riporiamo il comunicato stampa: Perché il pontificato di Benedetto XVI si è interrotto? A detta del papa tedesco, il motivo è uno solo: “Ingravescentem aetatem”, cioè l’età avanzata. Ma nel corso di questi anni, molti si sono chiesti se, oltre al motivo annunciato, si nascondessero altri perché. Il libro indaga questo aspetto, ma anche il pontificato di Ratzinger nella sua totalità.
Quattordici interviste a personalità laiche, che interpretano e rileggono papa Benedetto attraverso una convinzione comune: i 2.864 giorni di Ratzinger al soglio di Pietro hanno rappresentato, data l’intensità teologica e culturale, una fase storica per la Chiesa cattolica. Tanto che il pensiero e l’opera di Ratzinger continuano a essere poste al centro del dibattito pubblico. Centinaia di domande e risposte sul Papa che si è guadagnato una posizione emerita anche nel cuore dei fedeli. Interviste a Ettore Gotti Tedeschi, Gennaro Sangiuliano, Gaetano Rebecchini, Marco Tosatti, Giovanni Minnucci, Francesco Agnoli, Filippo Savarese, Maria Rachele Ruiu, Jacopo Coghe, Aldo Maria Valli, Marco Luscia, Assuntina Morresi, David Cantagalli, Fabio Marchese Ragona, Giuliano Guzzo, Aurelio Porfiri. Prefazione di Ettore Gotti Tedeschi.

venerdì 20 aprile 2018

Lavia dice Leopardi

AlzogliOcchiversoilCielo



Severino pensa Leopardi e Lavia dice Leopardi


Alla straordinaria forza filosofica del pensiero poetante di Leopardi,Emanuele Severino ha dedicato diversi saggi, riconoscendogli un’importanza basilare per la definizione di quell’essenza del nichilismo che è da sempre al centro della sua riflessione.

Leopardi – ci ricorda Severino – ha affrontato le questioni ultime (la verità, l’essere, il nulla) per giungere a un linguaggio in cui la poesia diviene forma suprema della filosofia. Allo stesso tempo, egli ha posto anticipatamente le basi di quella distruzione della tradizione occidentale che sarà poi continuata, anche se non in modo più radicale, da Nietzsche e da Heidegger. Illuminandone l’intima coerenza umana e intellettuale, e la tragica grandezza, Severino legge il corpus leopardiano nella convinzione che la filosofia dell’Occidente, nella sua essenza e nel suo più rigoroso e potente sviluppo, sia la filosofia di Leopardi.


Riusciamo a immaginare il mondo senza Giacomo Leopardi? Sarebbe più povero, indigente. Eppure il poeta apre voragini infinite. Sprofondamenti abissali. Abissi in cui si cade verso l’alto. Naufragi del “pensiero”.
Gabriele Lavia


Spettacolo inserito nella rassegna Per amore della Poesia










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Leopardi Giacomo 

>>>  Canti

>>> Operette morali




>>>   Zibaldone di pensieri.pdf

mercoledì 18 aprile 2018

"Isola"

Le parole segrete:

 Recensione: "Isola" di S.R.H. Jacobsen




casa editrice Iperbore



Una giovane ragazza danese ha nostalgia di un’isola verde e impervia battuta dai venti del Nord, un’isola delle Faroe dove non ha mai vissuto ma che ha sempre sentito chiamare «casa», perché da lì emigrò la sua famiglia negli anni Trenta. Comincia così, dall’urgenza di riappropriarsi delle sue origini e di una cultura che ha ereditato ma non le appartiene, il suo viaggio di ritorno a Suðuroy, da cui nonno Fritz, pescatore dell’Artico, partì alla ricerca di un destino migliore, e nonna Marita, sognatrice irrequieta, fuggì verso il mondo e la modernità.Un viaggio nella storia di una famiglia e di questo piccolo arcipelago sperduto nell’Atlantico, che è stato coinvolto nel secondo conflitto mondiale e nella guerra fredda e che ha lottato fieramente per una sua autonomia dalla Danimarca. Un viaggio nella memoria e nel mito che perdura in queste terre sospese nel tempo, tra le asprezze di una natura primigenia, dove ogni racconto di vita si colora di leggenda, dall’amore segreto tra Marita e Ragnar il Rosso, falegname filosofo e ribelle che chiama i gabbiani «i proletari del mare», alla roccia incantata nel giardino di zia Beate, che attira sciagure su chi prova a rimuoverla.

martedì 17 aprile 2018

Per chiudere in bellezza Leggiamo... “Il fu Mattia Pascal”

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“Il fu Mattia Pascal”

Trama:
«Una delle poche cose, anzi forse la sola ch'io sapessi di certo era questa: che mi chiamavo Mattia Pascal.» Ma anche la certezza del proprio nome dovrà svanire ben presto nella vita del bibliotecario Mattia Pascal. A lui il caso ha dato una clamorosa possibilità: azzerare il proprio passato e cominciare una nuova vita. Moglie, suocera e amici lo riconoscono nel cadavere di un suicida e lo credono morto. Ricco grazie a una vincita al gioco, può rifarsi una nuova vita e inventarsi il ruolo di Adriano Meis. Ma la libertà appena acquisita si rivela in realtà una ferrea prigione... Il romanzo capolavoro di Pirandello, pubblicato nel 1904, un umoristico e grottesco scandaglio della realtà piccolo-borghese che evidenzia l'impossibilità per l'uomo di essere davvero artefice del proprio destino.


www.oilproject.org/lezione/pirandello-fu-mattia-pascal


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www.studentville.it/studiare/scheda-libro-il-fu-mattia-pascal/


Quando di legge Pirandello viene quasi da chiedersi in quale tempo abbia vissuto, e “Il fu Mattia Pascal”, in quale secolo sarà collocato? L’estratto proposto rappresenta il cuore del romanzo, il momento in cui il protagonista muore e poi rinasce, per un caso fortuito della vita, nel nome di Adriano Meis. Chi è costui? “Un uomo inventato“, scrive l’autore. Mattia Pascal viveva i suoi giorni senza quasi esserne padrone, con una moglie che non amava, una famiglia che non sentiva sua. Decise così di partire, eppure non aveva idea, non poteva sapere che non sarebbe più ritornato uguale.
Io era invaso e sollevato come da una fresca letizia infantile; mi sentivo come rifatta vergine e trasparente la coscienza“, si legge nel romanzo. Mattia Pascal non esiste più, è morto suicida per un dissesto finanziario: è questo che scrivono i giornali, è questa la fittizia verità che il mondo conosce. E nasce Adriano Meis. Nasce dal nulla, come una fiaba improvvisata dal padre per addormentare suo figlio, nasce già adulto, già capace di ricordare, di fantasticare, di costruire. E come chi assiste ad una nuova nascita, guardando il corpo prendere forma, gli occhi aprirsi sul mondo, Adriano Meis è felice, di “una felicità improvvisa, così forte, che quasi mi ci smarrivo in un beato stupore“. Si tratta come di un protagonista nuovo, che scorge davanti a sé la possibilità di fare di sè stesso ciò che più vuole, è una libertà pressoché infinita, come quella di un neonato che ancora deve imparare tutto. Si scontrano presto in Adriano Meis emozioni contrastanti, una sorta di inquietudine affianca l’impulsiva gioia iniziale, perché in fondo Adriano non possiede nulla, una casa, una famiglia, nemmeno un passato può accompagnarlo nel suo vagabondare. È solo, e lo grida tre volte, “Solo! Solo! Solo!“, solo come non era mai stato prima. È felice e nello stesso tempo accompagnato da una “certa mestizia“, perché non esiste un uomo in grado di pensare che non senta il peso dell’isolamento. Come sosteneva Aristotele, “l’uomo é un animale sociale“. E Adriano Meis, per il mondo, per la società, non esiste.
Assistendo alla vita degli altri e osservandola minuziosamente, ne vedevo gli infiniti legami e, al tempo stesso, vedevo le mie tante fila spezzate. Potevo io rannodarle, ora, queste fila con la realtà? […] No. Io dovevo rannodar queste fila soltanto con la fantasia“. Quello di Adriano Meis è un lavoro di invenzione, di costruzione della sua storia come si può costruire il personaggio di un romanzo, e tutte quelle emozioni contrastanti che lo travolgono sfociano in un solo unico gesto: il sorriso. Sorride davanti a tutto il reale, compreso sè stesso. Sorride perché è consapevole di non essere più parte del mondo vero e concreto: Adriano Meis non è che un’apparizione, un racconto che non può essere dimostrato, e che guarda la natura davanti a sè con la coscienza del suo non esistere. Guarda con ironia e distacco le cose, perché le cose sono distaccate da lui. Eppure non si lascia vincere dall’apparente impossibilità di realizzare tangibilmente sè stesso, ma continua a vivere sospeso, alla ricerca delle sue artificiose certezze, cogliendo dal reale i particolari a lui più affini e mettendoli sistematicamente insieme, quasi fosse un gioco a incastro. “Vivevo non nel presente soltanto, ma anche per il mio passato cioè per gli anni che Adriano Meis non aveva vissuti“. E tutto questo non fa che produrre gioia e mestizia, perché il tempo da inventare è sconfinato, ma ritorna sempre la consapevolezza che neppure la fantasia possa realizzare tutto. Mattia Pascal si ritrova catapultato in una realtà nuova, padrone del suo stesso corpo, immutato, vivo, libero di scegliere quale angolo di universo visitare, solo e incapace di capire se quella solitudine sia un bene o sia un male. “Or che cos’ero io, se non un uomo inventato? Una invenzione ambulante che voleva e, del resto, doveva forzatamente stare per sè, pur calata nella realtà“.
Forse quello che più emerge da questo stralcio, tratto dal romanzo di Pirandello “Il fu Mattia Pascal”, è che possiamo scappare da tutto, illuderci di poter cancellare la nostra vita e rinascere dal niente, ma ciò che rimane è una libertà infinita e impossibile da riempire. L’uomo ha bisogno di sè stesso per vivere, così come necessità dell’ossigeno per respirare. E non possiamo noi privare il nostro corpo di ciò che gli è più caro: la nostra anima. Perché sarebbe esattamente come morire.
Voto: nove

Ilmondodelleparole