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sabato 29 luglio 2017

IL CAMMINO DELL’UOMO & IL CUORE DEL MONDO


Martin Buber
IL CAMMINO DELL’UOMO
Edizioni Qiqajon, Comunità di Bose
1. RITORNO A SE STESSI4. COMINCIARE DA SE STESSI
2. IL CAMMINO PARTICOLARE5. NON PREOCCUPARSI DI SÉ
3. RISOLUTEZZA6. LÀ DOVE CI SI TROVA
RITORNO A SE STESSIAUDIO
Rabbi Shneur Zalman, il Rav della Russia, era stato calunniato presso le autorità da uno dei capi dei mitnagghedim, che condannavano la sua dottrina e la sua condotta, ed era stato incarcerato a Pietroburgo. Un giorno, mentre attendeva di comparire davanti al tribunale, il comandante delle guardie entrò nella sua cella. Di fronte al volto fiero e immobile del Rav che, assorto, non lo aveva notato subito, quest'uomo si fece pensieroso e intuì la qualità umana del prigioniero. Si mise a conversare con lui e non esitò ad affrontare le questioni più varie che si era sempre posto leggendo la Scrittura. Alla fine chiese: "Come bisogna interpretare che Dio Onnisciente dica ad Adamo: «Dove sei?»"Credete voi - rispose il Rav - che la Scrittura è eterna e che abbraccia tutti i tempi, tutte le generazioni e tutti gli individui?". "Sì, lo credo", disse. "Ebbene - riprese lo zaddik - in ogni tempo Dio interpella ogni uomo: ‘Dove sei nel tuo mondo? Dei giorni e degli anni a te assegnati ne sono già trascorsi molti: nel frattempo tu fin dove sei arrivato nel tuo mondo?’. Dio dice per esempio: ‘Ecco, sono già quarantasei anni che sei in vita. Dove ti trovi?’".All'udire il numero esatto dei suoi anni, il comandante si controllò a stento, posò la mano sulla spalla del Rav ed esclamò: "Bravo!"; ma il cuore gli tremava.Qual è il senso di questa storia?A prima vista ci ricorda quei racconti talmudici in cui un romano o un altro pagano consulta un saggio ebreo a proposito di un passo della Bibbia per mettere in luce una pretesa contraddizione nell'insegnamento di Israele, e riceve una risposta che dimostra l'assenza di contraddizione o che confuta la critica in altro modo, con l'aggiunta a volte di un ammonimento a carattere personale.Ma non tardiamo a notare una differenza significativa tra i racconti del Talmud e questo chassidico, anche se questa differenza appare all'inizio più importante di quanto sia in realtà. La risposta infatti viene data su un piano diverso da quello in cui è stata formulata la domanda.Il comandante cerca di smascherare una pretesa contraddizione nelle credenze ebraiche: nel Dio in cui credono, gli ebrei vedono l'Essere onnisciente, ma la Bibbia gli attribuisce domande analoghe a quelle che farebbe chiunque ignori una cosa e voglia apprenderla. Dio cerca Adamo che si è nascosto, fa risuonare la sua voce nel giardino e chiede dov'è; ciò significa che non lo sa, che è possibile nascondersi da lui: dunque Dio non è l'onnisciente.Ma, invece di spiegare il passo biblico e risolvere l'apparente contraddizione, il Rabbi se ne serve solo come punto di partenza, utilizzandone il contenuto per rivolgere al comandante un rimprovero per la vita da lui condotta fino a quel momento, per la sua mancanza di serietà, la sua superficialità e l'assenza di senso di responsabilità nella sua anima. La domanda oggettiva - che, in fondo, per quanto qui sia posta senza secondi fini, non è però una domanda autentica bensì una semplice forma di controversia - riceve una risposta personale; anzi, invece di una risposta, ne risulta un ammonimento a carattere personale. Di queste repliche talmudiche non è rimasto apparentemente altro che l'ammonimento che a volte le accompagnava.Ciò nonostante, esaminiamo il racconto più da vicino. Il comandante chiede chiarimenti sul brano del racconto biblico che riguarda il peccato di Adamo. La risposta del Rabbi mira a questo, a dirgli: "Adamo sei tu. E a te che Dio si rivolge chiedendoti: ‘Dove sei?’". Apparentemente non gli ha fornito nessun chiarimento sul significato del brano biblico in quanto tale. Ma in realtà la risposta illumina sia la situazione di Adamo nel momento in cui Dio lo interpella, sia la situazione di ogni uomo in ogni tempo e in ogni luogo. Infatti, non appena si renderà conto che la domanda biblica è indirizzata a lui personalmente, il comandante prenderà necessariamente coscienza della portata dell'interrogativo posto da Dio: "Dove sei?", sia esso rivolto ad Adamo o a chiunque altro. Ogni volta che Dio pone una domanda di questo genere non è perché l’uomo gli faccia conoscere qualcosa che lui ancora ignora: vuole invece provocare nell'uomo una reazione suscitabile per l'appunto solo attraverso una simile domanda, a condizione che questa colpisca al cuore l'uomo e che l'uomo da essa si lasci colpire al cuore.Adamo si nasconde per non dover rendere conto, per sfuggire alla responsabilità della propria vita. Così si nasconde ogni uomo, perché ogni uomo è Adamo e nella situazione di Adamo. Per sfuggire alla responsabilità della vita che si è vissuta, l'esistenza viene trasformata in un congegno di nascondimento. Proprio nascondendosi così e persistendo sempre in questo nascondimento "davanti al volto di Dio", l'uomo scivola sempre, e sempre più profondamente, nella falsità. Si crea in tal modo una nuova situazione che, di giorno in giorno e di nascondimento in nascondimento, diventa sempre più problematica. È una situazione caratterizzabile con estrema precisione: l'uomo non può sfuggire all'occhio di Dio ma, cercando di nascondersi a lui, si nasconde a se stesso. Anche dentro di sé conserva certo qualcosa che lo cerca, ma a questo qualcosa rende sempre più, difficile il trovarlo. Ed è proprio in questa situazione che lo coglie la domanda di Dio: vuole turbare l'uomo, distruggere il suo congegno di nascondimento, fargli vedere dove lo ha condotto una strada sbagliata, far nascere in lui un ardente desiderio di venirne fuori.A questo punto tutto dipende dal fatto che l'uomo si ponga o no la domanda. Indubbiamente, quando questa domanda giungerà all'orecchio, a chiunque "il cuore tremerà", proprio come al comandante del racconto. Ma il congegno gli permette ugualmente di restare padrone anche di questa emozione del cuore. La voce infatti non giunge durante una tempesta che mette in pericolo la vita dell'uomo; è "la voce di un silenzio simile a un soffio", ed è facile soffocarla. Finché questo avviene, la vita dell'uomo non può diventare cammino. Per quanto ampio sia il successo e il godimento di un uomo, per quanto vasto sia il suo potere e colossale la sua opera, la sua vita resta priva di un cammino finché egli non affronta la voce. Adamo affronta la voce, riconosce di essere in trappola e confessa: "Mi sono nascosto". Qui inizia il cammino dell'uomo.Il ritorno decisivo a se stessi è nella vita dell'uomo l'inizio del cammino, il sempre nuovo inizio del cammino umano. Ma è decisivo, appunto, solo se conduce al cammino: esiste infatti anche un ritorno a se stessi sterile, che porta solo al tormento, alla disperazione e a ulteriori trappole. Quando il Rabbi di Gher arrivò, nell’interpretazione della Scrittura, alle parole rivolte da Giacobbe al suo servo – "Quando ti incontrerà Esaù, mio fratello, e ti domanderà: ‘Tu, di chi sei? Dove vai? Di chi è il gregge che ti precede?’" - disse ai suoi discepoli: "Osservate come le domande di Esaù assomiglino a questa massima dei nostri saggi: ‘Considera tre cose: sappi da dove vieni, dove vai e davanti a chi dovrai un giorno rendere conto’. Prestate molta attenzione, perché chi considera queste tre cose deve sottoporre se stesso a un serio esame: che in lui non sia Esaù a porre le domande. Anche Esaù infatti può porre domande su queste tre cose, sprofondando l'uomo nell'afflizione".Esiste una domanda demoniaca, una falsa domanda che scimmiotta la domanda di Dio, la domanda della verità. La si riconosce dal fatto che non si ferma al "Dove sei?" ma prosegue: "Nessun cammino può farti uscire dal vicolo cieco in cui ti sei smarrito". Esiste un ritorno perverso a se stessi che, invece di provocare l'uomo al ravvedimento e metterlo sul cammino, gli prospetta insperabile il ritorno e così lo inchioda in una realtà in cui ravvedersi appare assolutamente impossibile e in cui l'uomo riesce a continuare a vivere solo in virtù dell'orgoglio demoniaco, dell'orgoglio della perversione.
www.atma-o-jibon.org/italiano3/piccoli_grandi_libri.


IL CUORE DEL MONDO
Jaca Book, 2006
Nel pieno della seconda guerra mondiale, circondato dall'odio delle nazioni e dalle distruzioni della guerra, von Balthasar scriveva Il cuore del mondo, un libro appassionato sull'amore di Dio. Accompagnato dalle visioni mistiche di Adrienne von Speyr, von Balthasar aveva potuto raggiungere le fonti della vita, aveva contemplato la colata d'amore che si dona in eternità e, quasi in un gioco ininterrotto, passa dal Padre al Figlio nello Spirito. E un amore inarrestabile che porta alla creazione del mondo e dell'uomo, alla generosità di un Dio che non tiene per sé la divinità, ma viene nel mondo in incarnazione, morte e discesa agli inferi. La figura di Dio in Cristo è debole e generosa, soprattutto avvolta in una tenerezza infinita che non vuole e non può fuggire le lance e le frecce dell'uomo tracotante e violento. E questa la debolezza scelta da Dio, il cuore con il quale egli si presenta agli uomini per attrarli a sé, incurante dei rischi, come il pastore che, lasciate le novantanove pecore, va per sentieri pericolosi, per boschi ricoperti di rovi che affondano nelle sue tenere carni, e più ancora nel suo cuore, gli aculei acuminati dell'odio. In una breve nota scritta qualche mese prima della morte, von Balthasar dedicava Il cuore del mondo ai giovani. Sono d'accordo, perché si tratta di un libro di entusiasmo; penso anche, però, che come il Cantico dei Cantici Il cuore del mondo può parlare a ogni donna e uomo e risvegliare amore di dedizione e generosità.
Elio Guerriero
Hans Urs von Balthasar nacque a Lucerna il 12 agosto 1905. Dopo gli anni della formazione, durante i quali studiò appassionatamente musica e letteratura, nel 1929 entrò nella Compagnia di Gesù. Decisivi per la sua formazione teologica furono gli incontri con Erich Przywara, Henri de Lubac, Karl Barth, mentre la collaborazione con Adrienne von Speyr portò alla fondazione dell'Istituto San Giovanni e della Johannes Verlag e alla elaborazione di un pensiero teologico dominato dall'idea che solo l'amore è credibile. Su questo fondamento von Balthasar costruì la sua vasta opera teologica che prese forma compiuta nella trilogia di Gloria, Teodrammatica, Teologica. Nominato cardinale per il suo contributo alla teologia cattolica, von Balthasar non fece a tempo a indossare la porpora. Morì il 26 giugno 1988.Sono trascorsi quasi cinquant'anni da quando, in un' estate passata in riva al lago della mia città natale [Lucerna, ndt], scrissi questo libro. Quel vecchio che ormai sono può solo con difficoltà valutare se il lirismo del suo stile può ancora dire oggi qualcosa a qualcuno. Tuttavia il contenuto spirituale che intendeva offrirsi in questa veste giovanile non è mutato per me lungo il corso di tanto tempo. Il ritmico battito del cuore lo percepisco identico come allora, nel chiasso del nostro mondo, non appena vi accosto l'orecchio. È forse addirittura vero che, quanto più lo si vuole sopraffare con i nostri rumori e nullità, quel ritmo si fa sentire con tanta maggiore ostinazione, fedeltà e silenzio. Alla nostra volontà di potere e alla nostra impotenza esso si manifesta come l'unità, a null' altra paragonabile, di potere e d'impotenza, in cui sta in assoluto l'essenza dell' amore. Quest'opera giovanile è dedicata soprattutto ai giovani.
Giugno 1988

   >>>>> I. PRIGIONE DEL FINITO! 

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