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sabato 26 novembre 2016

I figli...

figli…

”li riconoscerete dai loro frutti” 

Il falenino e la stella - don Bruno Ferrero




By leggoerifletto

I tre figli - don Bruno Ferrero

Tre donne andarono alla fontana per attingere acqua. Presso la fontana, su una panca di pietra, sedeva un uomo anziano che le osservava in silenzio ed ascoltava i loro discorsi. 

Le donne lodavano i rispettivi figli. 

"Mio figlio", diceva la prima, "è così svelto ed agile che nessuno gli sta alla pari". 
"Mio figlio", sosteneva la seconda, "canta come un usignolo. Non c'è nessuno al mondo che possa vantare una voce bella come la sua". 
"E tu, che cosa dici di tuo figlio?", chiesero alla terza, che rimaneva in silenzio. 
"Non so che cosa dire di mio figlio", rispose la donna. "E' un bravo ragazzo, come ce ne sono tanti. Non sa fare niente di speciale...". 
Quando le anfore furono piene, le tre donne ripresero la via di casa. Il vecchio le seguì per un pezzo di strada. Le anfore erano pesanti, le braccia delle donne stentavano a reggerle. 
Ad un certo punto si fermarono per far riposare le povere schiene doloranti. 
Vennero loro incontro tre giovani. Il primo improvvisò uno spettacolo: appoggiava le mani a terra e faceva la ruota con i piedi per aria, poi inanellava un salto mortale dopo l'altro. 
Le donne lo guardavano estasiate: "Che giovane abile!". 
Il secondo giovane intonò una canzone. Aveva una voce splendida che ricamava armonie nell'aria come un usignolo. 
Le donne lo ascoltavano con le lacrime agli occhi: "E un angelo!". 
Il terzo giovane si diresse verso sua madre, prese la pesante anfora e si mise a portarla, camminando accanto a lei. 
Le donne si rivolsero al vecchio: "Allora che cosa dici dei nostri figli?". 
"Figli?", esclamò meravigliato!

Li riconoscerete dai loro frutti" (Matteo 7,16)
Fonte :  Solo il vento lo sa di Bruno Ferrero


“Chi è fedele in cose di poco conto, è fedele anche in cose importanti; e chi è disonesto in cose di poco conto, è disonesto anche in cose importanti. Se dunque non siete stati fedeli nella ricchezza disonesta, chi vi affiderà quella vera?”. 

Quando a un bambino gli viene affidato un pesce rosso o un piccolo vasetto con un semino piantato dentro, non è per offrirgli un nuovo giocattolo ma per insegnargli la fedeltà che dà la vita alle cose. 
Se si dimenticasse di dare dal mangiare al pesce rosso o di mettere l’acqua alla piantina si accorgerebbe che in poco tempo avrebbe un pesce morto e una pianta secca. 
Diffidate quindi da quei genitori che regalano pesci rossi ai figli e poi se ne fanno carico loro per i successivi anni di vita, semplicemente perché il figlio così inizialmente entusiasta del nuovo acquisto, dopo un po’ si è annoiato. Senza quella pazienza che ci rimette davanti alle nostre responsabilità a partire dal pesce rosso, accadrà che da grandi faremo uguale nelle relazioni, con il lavoro, con le persone che diciamo di amare e perché no anche con i nostri figli che li accogliamo con l’entusiasmo dei pesci rossi nuovi per poi viverceli semplicemente come un peso. 
Con la stessa ottica pensate al paradiso: chi ci darà una cosa così bella se non siamo stati capaci di aver avuto cura di una cosa mediamente bella che ci è capitata nella vita? Non è punizione, ma conseguenza.

- don Luigi Maria Epicoco - 




Raccontami dove hai trovato la forza, Giacomo


......Raccontami come si lotta per essere felici quando tutto il mondo resiste e la corrente è contraria, perchè anche noi possiamo trovare la tua chiarezza e la tua forza. Insegnaci il segreto di un cielo stellato trecentosessantacinque giorni all'anno, di una vita che si aggrappa al futuro. 
Se un seme non "spera" nella luce non mette radici, ma sperare è difficile, perchè richiede consapevolezza di sè, apertura e tanti fallimenti. 
Sperare non è il vizio dell'ottimista ma il vigoroso realismo del fragile seme che accetta il buio del sottosuolo per farsi bosco. 
Insegnaci, Giacomo, l'arte di sperare.



- Alessandro D'Avenia -
da: "L'arte di essere fragili. Come Leopardi può salvarti la vita", ed. Mondadori




...Che cosa serve, Giacomo, per abitare questa sconfitta senza rifugiarsi in un mondo infantile e al riparo dalla vita? 

Si può proseguire senza rinunciare all'altezza, all'infinito? Come fare a sperare ancora e ancora quando restano solo le macerie di tutto ciò che avevamo immaginato? 

Come non scivolare , dopo l'incanto giovanile, nel disincanto adulto?

- Alessandro D'Avenia -
da: "L'arte di essere fragili. Come Leopardi può salvarti la vita", ed. Mondadori






Il gioco degli scacchi - Coelho Paulo

Il giovane disse all’abate del monastero:



- Vorrei tanto essere un monaco, ma non ho appreso nulla di importante nella vita. L’unica cosa che mio padre mi ha insegnato è giocare a scacchi, che non serve per l’illuminazione. Oltre tutto, ho appreso che qualsiasi gioco è peccato.

- Può essere un peccato, ma può essere anche uno svago, e chissà che questo monastero non abbia proprio un po’ bisogno di entrambi – fu la risposta.


L’abate chiese allora una scacchiera, chiamò un monaco e lo fece giocare con il ragazzo.

Ma prima che la partita cominciasse, aggiunse:


- Anche se abbiamo bisogno di svago, non possiamo permetterci di stare qui tutti a giocare a scacchi. Dunque, terremo qui solo il migliore dei giocatori: se il nostro monaco perderà, uscirà dal monastero e lascerà un posto per te.
L’abate parlava seriamente. Il ragazzo sentí che avrebbe giocato per la propria vita, e cominciò a sudare freddo: la scacchiera divenne il centro del mondo.
Il monaco cominciò a perdere. Il ragazzo partí all’attacco, ma poi si accorse dello sguardo di santità dell’altro: da quel momento, si mise a giocare in maniera sbagliata di proposito. In fin dei conti preferiva perdere, perché il monaco sarebbe potuto essere piú utile al mondo.
All’improvviso, l’abate gettò la scacchiera a terra.

- Tu hai appreso molto piú di ciò che ti hanno insegnato – disse. – Ti sei concentrato quanto bastava per vincere, sei stato capace di lottare per ciò che desideravi. In seguito, hai avuto compassione, ed eri disposto a sacrificarti in nome di una nobile causa. Che tu sia il benvenuto nel monastero, perché sai equilibrare la disciplina con la misericordia.


(Paulo Coelho)


Per il guerriero, non esiste amore impossibile. Egli non si lascia intimidire dal silenzio, dall’indifferenza, o dal rifiuto. Sa che, dietro la maschera di ghiaccio che le persone usano, c’è un cuore di fuoco.
Perciò il guerriero rischia più degli altri. Cerca incessantemente l’amore di cuore – anche se questo significa udire spesso la parola "no", tornare a casa sconfitto, sentirsi respinto nel corpo e nell’anima.
Un guerriero non si lascia spaventare quando cerca ciò di cui ha bisogno. Senza amore, egli non è nulla. (Paulo Coelho)

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